La sindrome del caregiver è una condizione che riguarda chi, sia per lavoro sia per motivi che nulla hanno a che fare con i compiti professionali, si prende cura di una persona non autonoma per motivi di età o di disabilità. Se hai sentito parlare di questa condizione e vuoi saperne qualcosa di più – e soprattutto ti interessa scoprire come risolvere il problema – nelle prossime righe di questo articolo puoi trovare diverse informazioni preziose.
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Sindrome del caregiver: il nodo dei carichi assistenziali
Quando si parla della sindrome del caregiver, è necessario partire dal concetto di carico assistenziale. Utilizzare questa espressione significa chiamare in causa gli effetti, riguardanti sia il fisico sia la mente, derivanti dalla cura costante di una persona non autosufficiente.
Il carico assistenziale può essere di due tipologie:
- Oggettivo
- Soggettivo
Sotto al primo cappello è possibile far rientrare tutti i compiti legati alla situazione medica del soggetto di cui ci si prende cura. Si parla quindi dell’impegno per la somministrazione di farmaci, della gestione dei sintomi, anche improvvisi, di eventuali condizioni patologiche, per non parlare dello stigma sociale.
Il carico assistenziale soggettivo, come dice l’espressione stessa, riguarda la singola persona. Nello specifico, si parla di frustrazione per le rinunce relative alla propria vita sociale o professionale, ma anche di rabbia, di instabilità emotiva e di angoscia.
Come risolvere il problema
La sindrome del caregiver è una condizione che deve essere affrontata in maniera tempestiva. Il motivo riguarda il fatto che, a lungo andare, si può compromettere la propria salute e mettere ulteriormente al rischio quella della persona fragile.
Il primo passo da fare in questi casi consiste nell’ammettere di avere bisogno di aiuto. Tra le strade da considerare rientra, per esempio, la psicoterapia. Tra gli indirizzi più adottati quando si parla di trattamento della sindrome del caregiver c’è l’ACT (acronimo per Acceptance and Commitment Therapy). Definita la terza onda della terapia cognitivo comportamentale, questa tecnica vede il terapeuta accompagnare il paziente alla scoperta delle strategie migliori per interagire con il proprio vissuto emotivo.
Questo significa, in concreto, arrivare a smettere di combattere le emozioni negative. In questo modo, si riesce a mettere da parte il cosiddetto ‘dolore sporco’, legato a tutte le strategie che mettiamo in campo per evitare di interfacciarci con le conseguenze delle emozioni negative.
Tra queste, c’è anche il senso di colpa nel chiedere aiuto non solo allo psicoterapeuta, ma anche a professionisti specializzati capaci di fornire un ausilio concreto nella gestione della persona anziana/disabile.
Si tratta, ribadiamo, di un sentimento che va accettato e approcciato con compassione. Con questo atteggiamento, sarà più semplice, per esempio, scegliere la badante dalla quale farsi aiutare per la gestione domiciliare della persona con disagio fisico dovuto all’età o a una patologia.
Quali sono i criteri da considerare in fase di scelta? Il primo è senza dubbio la regolarità del permesso di soggiorno se la persona è extracomunitaria. Non importa che si cerchi una badante a Torino o una persona in un’altra città: si tratta della base da cui partire per passare poi in rassegna gli altri punti.
In questo novero rientra il possesso, da parte del/della professionista, di attestati come quello di OSS (Operatore Socio Sanitario). Facciamo altresì presente l’importanza di trovare un accordo in famiglia per quanto riguarda il fatto di chiamare una persona. In questo modo, la gestione completa dell’inserimento sarà molto più agevole.
A tal proposito, è bene sottolineare l’importanza di un periodo di prova, durante il quale la persona deve essere messa a proprio agio non solo nella gestione della persona con necessità speciale, ma anche nel miglioramento della confidenza con gli spazi domestici.